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Marcello Palminteri
Curatore
Cos’è l’eredità di una forma mediale che abbiamo ricevuto e continuiamo a ricevere da un’esperienza tecnologica avanzata?
Si tratta indubbiamente di una questione che riguarda l’accoglimento di una nuova forma. Ma cosa è implicato nella ricezione di tale medialità? L’eredità di una esperienza mediale rimanda necessariamente a una ricezione estremamente mediata. Ereditare una medialità significa abitare una interazione, interrogare le sue installazioni e le sue immagini virtuali, i suoi stimoli, le sue profondità. L’unica vera medialità è dunque il dono dell’impensato, il vero contenuto che una sensibilità riesce a trasmettere. La forma, per Annalaura di Luggo, è la concretizzazione della necessità di invadere e sfondare lo spazio, per accogliere non soltanto il proprio universo immaginifico (che potrebbe essere, in questa fase, allo stato grezzo) ma anche per costituire un territorio di approdo, dove sviluppare una poetica in fieri, ovvero processi concettuali formalizzati nell’impiego di nuove tecnologie, verso cui l’artista (sin dalle esperienze di “Blind Vision”) è naturalmente sedotta. Sicché il passaggio ad una terza dimensione è ottenuto procedendo verso una trasmutazione fluida dell’idea, secondo una precisa logica di avvicinamento al tema trattato, prima approfondito e sperimentato attraverso il confronto con il tessuto collettivo (cioè mediante il coinvolgimento reale ed emotivo di persone che in un modo o nell’altro confluiranno nell’opera) e poi con una pratica sistematica di preparazione che mentre dà vita a foto, bozzetti e frame digitali, pone l’artista in un iter di crescita indispensabile. C’è di più. L’interazione capovolge ed inverte l’intreccio delle tecniche: vi è un continuo annodarsi tra suggestioni e paesaggi interiori, tra la necessità inerente al modus operandi e la contingenza dei messaggi, commisurata sia da un punto di vista tecnologico che umano. Anzi è il piano tecnico a guidare la nuova codificazione estetica: il porsi della tecnica materialmente e fisicamente come procedere a direzione frontale non solo obbliga i vari suggerimenti orali ad un corso unico, ma vi sottomette anche gli stimoli, gli andamenti. L’immagine in movimento, scrive Gabriele Perretta commentando Collòculi, indulge ad una sequenzialità costante, alla corrispondenza ed alla muldimesionalità. Questa è, in ultima analisi, la mimesi, un gioco di umanità e di reti, di presenze e metaversi, come le immagini viste in un ambiente aumentato. Per questo, oltre alla ricerca formale e tecnologica, le opere di Annalaura di Luggo (persino quelle apparentemente più semplici) prevedono sempre uno studio attento sia dei materiali (con un particolare impegno nel rispetto dell’ambiente) che degli sviluppi adatti a dare aspetto ed argomento all’esperienza digitale. Documentazione storica e innovazione costruttiva diventano forma di società, stimolando, nella diversità dei punti di vista, interessanti processi di reciprocità multidisciplinari, atti a superare lo sterile approccio concettuale per spostare l’offerta tecnologica verso esperimenti ed esperienze che hanno la loro unica ragione di esistere nella contaminazione tra uomo e pittura, scultura, fotografia, video, design, suono, parola: in definitiva tra vita e arte.