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Paolo Giulierini
Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Collòculi, il titolo dell’installazione di Annalaura di Luggo, è una parola formata da due termini che fanno riferimento a “colloquio” e “occhio”: niente di più appropriato in un museo come il Mann, che intende porsi come luogo di osservazione e riflessione sulle società antiche e contemporanee. Ed il primo asserto da cui partire è che non possiamo più permetterci di essere, oggi, un mero luogo della bellezza e nemmeno uno scrigno di tesori di un’antica età dell’oro. Perchè? Semplicemente in quanto quell’età non c’è mai stata.Infatti gli stessi temi di disagio che l’occhio elettronico ci mostra nei coinvolgenti video, sono ancora oggi irrisolti e serpeggiano indisturbati nel mondo antico come feroci demoni. Non bastano mille statue di Venere a cancellare i misfatti passati e presenti operati sulle donne; mentre, ad esempio, i tanti dipinti o rilievi con barbari in ginocchio o popolazioni africane ci rammentano che il potere di Roma si basò anche sul pilastro della schiavitù. E così via. Il nostro occhio deve, pertanto, continuare a osservare, incessantemente, oltre le apparenze, imponendosi di continuo una capacità di osservazione dotata di senso critico. Diversamente è meglio essere come il poeta che, da Omero in poi, fu rappresentato tradizionalmente “senza pupille”, in quanto dotato di una vista interiore tale da fargli cogliere l’essenza della vita. Avviciniamoci dunque all’occhio per capire “da quale parte stiamo” e, se avessimo perso la strada, torniamo presto a vedere, attivandoci in nome di quell’umanità che è tuttora ai margini. Avremo dato un senso all’arte, ai musei e al nostro essere uomini.