Luciano Garella
Soprintendente archeologia, Belle Arti e paesaggio per il comune di Napoli
L’arte invade la città di Napoli. Questo è il senso esteriore ma anche il vero significato delle idee e del linguaggio dell’artista che marca e caratterizza con le sue sculture tridimensionali alcuni degli spazi urbani, aperti o chiusi che siano, più rilevanti della città non escludendo da questa contestualizzazione alcuni particolari suoi interstizi spaziali. Le sculture/installazioni allora vogliono essere simboli ma anche segni di un forte richiamo etico ad alcuni dei valori che dovrebbero permeare la nostra società, eticità che l’artista avverte con forza essere la propria. Le opere sono dunque tasselli di un percorso logico-artistico-narrativo e la loro connessa funzione non è soltanto quella di stimolare una riflessione sull’incapacità sostanziale del recupero di quanto la società consumistica scarta o produce come rifiuto ma rappresenta anche il tentativo della trasformazione di quella stessa materia in opera d’arte. Un monito e, contestualmente, una possibilità di avviare, sull’onda di strutture emozionali ormai proprie di molti, un discorso serio sulla conservazione dell’ambiente e sulle qualità che noi tutti vorremmo avesse senza però in fondo essere disposti a fare alcuna rinuncia al nostro modo di vivere. Le quattro sculture, posizionate dunque in differenti e particolari luoghi cittadini, evocano, a lor modo, tradizione e cultura pervenendo, in fondo, con la semplicità delle loro forme, talora statiche e talora dinamiche, a sollecitare risposte proprio alle domande che esse con la loro stessa esistenza pongono. Una opera in particolare, quella dal titolo Trìunphus, non casualmente è a forma di cubo, solido dalle perfette e cristalline proporzioni, e trova le proprie radici culturali e simboliche ed emozionali nell’arco di trionfo romano o, per meglio dire ed a voler essere precisi, nell’Arco di Giano a Roma. Due cubi-due archi, simili non solo nei reciproci rapporti proporzionali. ma anche nella capacità di assolvere alla medesima contemporanea funzione di pieno e di vuoto nell’ambito di uno stesso volume così come di essere nello stesso tempo simbolo e memoria del messaggio che gli è stato affidato. Ovviamente i materiali costitutivi sono differenti: uno è infatti realizzato in pregiata pietra; l’altro invece è costituito da striscioline di alluminio compattate, materiale che già nella fase originaria della sua pur breve vita era di scarso valore intrinseco ed estrinseco. Ciò che accomuna invece le due opere/sculture/monumenti è la possibilità, ipotetica invero, di avere una vita fisica infinita seppure per differenti motivazioni in quanto l’arco romano sarà sempre ritenuto, come lo è stato per circa duemila anni, una encomiabile ed inalterabile testimonianza storica ed artistica del suo tempo mentre Trìunphus potrà essere oggetto di modifiche e di assolute trasformazioni ma il suo materiale sarà sempre soggetto ad operazioni di riciclo da cui potrebbe e potrà derivare in fondo la sua perennità.